Il sito Giornale di Storia ha intervistato il prof. Alessandro Sapio, ordinario di Politica economica all’Università degli studi di Napoli Parthenope e coordinatore del progetto di sensibilizzazione sui temi del benessere e della sostenibilità, nell’ambito del quale sono state condotte le ricerche per la realizzazione di un nuovo indicatore, alternativo al PIL, per la misurazione del benessere in Italia: il cosiddetto “BIL – Benessere Interno Lordo”.
L’intervista completa della giornalista Micol Ferrara è consultabile qui.
BIL benessere interno lordo, come possiamo definirlo nella sua essenza? Quali sono i fattori essenziali sui quali ci permette di riflettere che non sono contemplati nel PIL e nel BES (Benessere etico e sociale)?
Al di là degli aspetti tecnici della definizione, possiamo pensare al BIL come un modo per dare peso ad aspetti del benessere umano a cui il PIL non rende giustizia, perché collegati alla fruizione di beni non scambiati sui mercati, o perché si tratta di aspetti non misurabili in moneta. Il BIL non è totalmente in contraddizione con il BES né con il PIL. Riconosce le categorie del BES e parte da esse, ma a differenza del BES fornisce un indicatore sintetico. Riconosce pure che diversi aspetti rilevanti del benessere sono correlati al reddito monetario, in senso positivo o negativo
Il BIL pur non possedendo la complessità di centinaia di indicatori specifici per misurare le componenti non monetarie del benessere ha il grande pregio di comunicare in maniera chiara i progressi in tale direzione.
Quali difficoltà metodologiche presenta?
La costruzione del BIL ha comportato difficoltà metodologiche riguardanti innanzitutto il carattere eterogeneo delle grandezze: non tutte facilmente quantificabili; alcune oggettive, altre soggettive. Inoltre, alcune misure di benessere migliorano nel tempo semplicemente grazie alla crescita del PIL e abbiamo dovuto tenerne conto. Infine, costruire il BIL a partire da indicatori disaggregati comporta problemi di aggregazione: quanto peso dare a ciascun indicatore? Abbiamo preferito essere neutrali e pesare in maniera uniforme tutti gli indicatori, pur impiegando un metodo statistico che consente di rendere comparabili le diverse grandezze.
È possibile definire l’impatto del Covid sugli indicatori del benessere?
Definire l’impatto del Covid sugli indicatori di benessere è possibile. Nel report diffuso a valle del convegno svoltosi a settembre, un riquadro è dedicato proprio a come il BIL nelle sue componenti è cambiato dopo il marzo 2020. Abbiamo potuto dedicare relativamente poco spazio a quest’analisi, perché il progetto è iniziato proprio nel pieno della pandemia ed è ragionevole attendersi che oltre all’impatto immediato sul benessere, il Covid produrrà effetti a lungo termine – si pensi agli effetti psicologici, al Long Covid, oltre che ad effetti economici meramente dilazionati nel tempo come la rimozione del divieto di licenziamenti e l’inflazione, che pure generano ripercussioni psicologiche.
Parlare di carcere e benessere può apparire una contraddizione in termini eppure si tratterebbe di un indicatore essenzialmente utile per migliorare le politiche pubbliche, quale potrebbe essere – da un punto di vista metodologico – lo strumento più efficace per comprendere la reale situazione delle carceri italiane?
Quello delle carceri è un tema troppo spesso dimenticato. Nel BES l’unica misura rilevante per il benessere di chi è in carcere è l’affollamento degli istituti di pena. Non la abbiamo inserita nel BIL solo perchè la nostra analisi aveva una prospettiva di confronti regionali e gli istituti penitenziari sono gestiti centralmente. Mancano peraltro nel BES (e quindi anche nel BIL) misure del benessere che i detenuti possono generare attraverso la loro riqualificazione e il loro reinserimento nella società. Possiamo immaginare che in regioni con più alto benessere – non solo monetario, ma in senso più ampio – anche le condizioni di vita e le opportunità di reinserimento dei detenuti siano migliori, ma è solo un’ipotesi. Occorre una raccolta dati mirata sulle condizioni dei detenuti, sulle strutture che li ospitano e sui programmi di riqualificazione per valutarne l’efficacia.
Riguardo agli strumenti di correzione e detenzione vorrei sottolineare come questi siano misurati non solo in termini di benessere ma anche dagli obiettivi dell’agenda 2030 dell’ONU e riguardano in generale il capitolo giustizia. Si pensi al dettato costituzionale italiano, ancora oggi di avanguardia, in cui il carcere non è visto come in altri Paesi come una vendetta ma come uno strumento di rieducazione e quindi per migliorare sia il benessere collettivo sia quello degli stessi detenuti.